Perfetti sconosciuti
Un film grazioso, ben scritto, abbastanza ben interpretato e con un ritmo discreto.
Insomma non parliamo di capolavoro ma di un lavoro ben fatto sicuramente si. Qualcosa per la quale difficilmente si avvertirà la sensazione di aver perso due ore della propria vita.
Perfetti sconosciuti, di Alessandro Genovese, nasce da un’idea neanche troppo originale: cosa succederebbe se ciascuno di noi, in presenza di altra gente, decidesse di condividere pubblicamente messaggi, chiamate, whatsapp ecc.. che arrivano sul cellulare?
Poteva nascerne la solita commediola degli equivoci, magari in salsa piccante come da buona tradizione italiana degli anni 70, ed invece il film si sviluppa in maniera abbastanza credibile e spesso anche divertente, verso una coraggiosa presa di posizione a difesa di una sfera personale e privatissima sempre più messa a dura prova dal fatto che siamo costantemente connessi a qualcosa (dunque a qualcuno).
I sette amici (citazione speciale per Mastrandrea e Giallini) che a cena, per gioco, decidono di mettere il vivavoce alle chiamate, sanno benissimo che quel gioco romperà gli equilibri delle loro relazioni (con una specie di neologismo uno di loro dice alla moglie: siamo frangibili) ma lo fanno lo stesso, sono amici del resto e si “coprono” da anni e quello che non possono coprire sperano che, prima o poi, venga alla luce come l’assassino che sente il bisogno di essere catturato…
Insomma è come se cento anni fa, in una situazione simile, ciascuno si fosse messo a leggere il proprio diario segreto.
E forse è proprio questo il punto: chi decideva di tenere un diario lo faceva in base ad una libera e consapevole scelta mettendoci quello che di più intimo lo riguardava. Oggi, tutti hanno il telefonino e lì dentro ci mettono la loro vita affidandogli segreti, sogni e speranze talvolta inconfessabili, ma pochi, probabilmente, ne sono consapevoli….
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